THE WAY TO HEALING

di Victoria Sweet

Recensione di M. BOBBIO

Una vita personale e professionale raccontata attraverso le storie di medici, infermieri e pazienti. Così Victoria Sweet (medico presso un centro di riabilitazione a San Francisco, studiosa della storia della medicina e autrice del libro God’s hotel, dove ha introdotto il concetto di Slow Medicine) riscostruisce il percorso che l’ha portata a distinguere i meriti e i limiti della medicina tecnologica e iperefficienteda un lato e i pregi di una medicina a misura di una persona ammalata, quella che lei chiama Slow Medicine. Assistendo a un’evoluzione della medicina sempre più aggressiva la Sweet si rende conto che la fast medicine mette a fuoco i dettagli e perde di vista l’insiemedi una persona, esprime un modello secondo cui ogni malanno è un pezzo rotto che va riparato il più in fretta possibile, e infine sviluppa un sistema efficiente per curare le malattie acute, ma non per occuparsi delle cronicità (come affrontare la vita dopo un infarto, una chemioterapia, un incidente automobilistico). Quando è ancora studentessa di medicina incontra il dottor Greg (competente, riflessivo, gentile, ma anche scettico) che le insegna a osservare l’evoluzione delle malattie e le spiega che un terzo guarisce da sola, un terzo rimane stabile e un terzo peggiora e la esorta a non affrettarsi a curare tutto; se non c’è urgenza si può aspettare. La giovane dottoressa Sweet si imbatte nella filosofia di Slow food che pone l’enfasi sul processo più che sul risultato e comincia a immaginare che una slow medicinesia possibile; così andando a visitare a casa un ragazzino con otiti ricorrenti si rende conto delle condizioni igieniche della fattoria dove vive per comprendere “il loro microcosmo le loro vite il loro contesto”.

A un certo punto si rende conto che la cosa più importante da fare, quando viene ricoverato un paziente e prima di leggere la cartella e di parlare con i suoi famigliari, consiste nell’andarlo a trovare in modo da capire in pochi minuti se è sporco o pulito, se è triste o felice, preoccupato, rassegnato o irritabile. Si ottiene un’immediata sensazione di quanto il paziente sia grave e si instaura una relazione umana che rende più semplici le visite successive. Interessanti le riflessioni della Sweet sull’evoluzione dalla medicina (l’arte di prendersi cura di una persona ammalata e sofferente) all’assistenza sanitaria (un sistema per curare in modo efficiente il maggior numero di persone, riducendo costi e tempi), dalle cartelle cliniche scritte a mano (in modo non sempre comprensibile, ma che non trasmettonola personalità di chi le ha scritte) a quelle elettroniche chiarissime, ma senza anima perché spesso compilate con un anonimo copia/incolla.

Un libro che è uno spaccato della vita di un medico americano e nello stesso tempo la storia di come si diventa un medico slow. Victoria Sweet è una bravissima scrittrice che sa rendere vive e istruttive le storie di ogni paziente, anche se l’egocentrismo tipicamente statunitense ci mostra un percorso lineare, fatto solo di successi, di giuste intuizioni e di pazienti esemplari.

Qui puoi leggere l’intervista di M. Bobbio a Victoria Sweet