SCIENZA, BELLEZZA E VERITÀ

di Giorgio Bert

Lipsia, 1872. Il grande fisiologo Emil Du Bois-Reymond tiene una conferenza dal titolo significativo: I confini della conoscenza della natura. Sono tempi di ottimismo, di fiducia nel progresso; pochi anni dopo il ballo Excelsior avrebbe celebrato con la lampadina di Edison la metafora della Luce che vince l’Oscurantismo e glorificato le grandi vittorie della scienza e della tecnica: il canale di Suez, la pila di Volta, il tunnel del Moncenisio (niente NO TAV, all’epoca …), il telegrafo, il battello a vapore …
La natura appariva agli occhi di molti come un puzzle immenso ma non infinito, che la scienza andava ricomponendo tessera dopo tessera: a lavoro completato la natura sarebbe stata leggibile come un libro, opera grandiosa, complessa ma conoscibile da parte dell’intelligenza umana.
La sfida di Du Bois- Reymond a una tale visione, già implicita nel termine “confini”, è ribadita nelle conclusioni: l’intelligenza umana non solo oggi non conosce tutto (ignoramus) ma non potrà mai conoscere completamente la natura (ignorabimus).
L’uso profetico del tempo futuro, ignorabimus, a detta di uno scienziato italiano presente a quella assemblea, fece fremere l’uditorio ed ebbe una enorme eco in tutto il mondo filosofico e scientifico.

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