Specializzazione e cooperazione in medicina

Trama e ordito dei processi evolutivi

Di A. Bonaldi

Quando il medico era la cura

Fino al 1800 la diagnosi si basava sull’esposizione del decorso della malattia e la descrizione dei sintomi da parte del paziente. In quel tempo, il processo diagnostico era centrato su elementi soggettivi: il resoconto del paziente e l’interpretazione del medico, mentre le prescrizioni si limitavano a consigli infarciti di argomentazioni filosofiche e a terapie di dubbia efficacia. Di fatto, la dignità della medicina doveva essere assicurata dal rispetto di idee universali e il medico si asteneva dal compiere attività manuali sul paziente, dato che esse erano considerate non consone alla sua rispettabilità e per questo motivo relegate a chirurghi e barbieri.

Nel corso dell’Ottocento il rapporto medico-paziente subì un radicale cambiamento. Per superare le imprecisioni, la scarsa accuratezza e le distorsioni interpretative implicite nei racconti del paziente, si affermarono alcuni promettenti metodi d’indagine di tipo oggettivo, quali la percussione e l’auscultazione. A metà del XIX secolo s’introdussero l’oftalmoscopio, il laringoscopio e lo sfigmomanometro, alla fine dell’Ottocento i raggi x e l’elettrocardiografo e via via, in un crescendo senza fine, un numero sempre maggiore di sofisticati strumenti diagnostici e terapeutici. Oggi, in pratica, nessuna decisione clinica importante è adottata senza il supporto della tecnologia.

La crescente fiducia nei mezzi offerti dalla tecnologia e nei nuovi metodi d’indagine ha portato, così, a soppiantare quasi completamente, anamnesi ed esame obiettivo, in favore di dati strumentali e di laboratorio, considerati molto più affidabili, precisi e oggettivi.

Continua a leggere