“Palliative Care in Cardiac Intensive Care Units” Editor Massimo Romanò. Recensione di Sandra Vernero

È stato da poco pubblicato il libro “Palliative Care in Cardiac Intensive Care Units” il cui editor, Massimo Romanò è stato per 40 anni cardiologo presso il Servizio Sanitario Nazionale, e negli ultimi anni si è occupato prevalentemente di insufficienza cardiaca avanzata, questioni del fine vita e cure palliative.
Il volume, destinato principalmente a cardiologi, anestesisti, medici di cure palliative e personale infermieristico e redatto nei vari capitoli da numerosi opinion leader nei loro campi, analizza i principali temi delle Cure Palliative nelle Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, dalla mutata epidemiologia dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, alle principali questioni cliniche ed etiche.
L’introduzione di Massimo Romanò, qui riportata nella nostra traduzione, esprime il principale obiettivo del libro: colmare la lacuna culturale e di formazione dei cardiologi e degli altri professionisti nei confronti delle appropriate cure di fine vita e delle cure palliative.
È un tema particolarmente sentito anche da Slow Medicine, sul quale ha sviluppato e si impegnerà a sviluppare iniziative di formazione.

“Sono un cardiologo clinico e per la maggior parte della mia vita professionale, ormai più o meno 40 anni, ho avuto in cura quasi esclusivamente pazienti con malattie cardiovascolari acute.
Negli ultimi dieci anni il mondo delle unità di cardiologia, compresa la mia, è profondamente cambiato. Questi cambiamenti si sono verificati principalmente nelle caratteristiche cliniche ed epidemiologiche dei pazienti ricoverati in Unità di Terapia Intensiva Cardiologica: l’assistenza si è spostata da pazienti con sindrome coronarica acuta a pazienti anziani con alta prevalenza di malattie cardiovascolari non ischemiche e comorbilità non cardiovascolari.
Entrambe aumentano la suscettibilità dei pazienti a sviluppare condizioni critiche potenzialmente letali, che sono associate a un carico significativo di sintomi, durata di degenza e tasso di mortalità. In questo contesto, secondo specifiche linee guida delle società scientifiche, sono spesso necessari programmi di cure palliative, che comprendono il non intraprendere o sospendere trattamenti di sostegno vitale o la disattivazione dei dispositivi cardiaci impiantati.
Tuttavia discutere di cure palliative nelle Unità di Terapia Intensiva Cardiologica appare ancora a molti cardiologi un ossimoro, una contraddizione in termini, perché la formazione dei medici è mirata a combattere sempre la morte, anche quando questo non è più possibile.
Secondo questa visione, si dovrebbero utilizzare tutte le tecnologie disponibili per raggiungere questo obiettivo, anche se pazienti con prognosi sfavorevole o deterioramento della qualità della vita riceveranno scarsi benefici clinici dalla terapia intensiva, a fronte di alti costi associati, sia in termini di spesa che di sofferenza umana.
Di conseguenza, le raccomandazioni delle società scientifiche per implementare l’approccio di cure palliative nella pratica clinica sono ancora poco seguite. Uno dei motivi principali di questo divario è il ritardo culturale dei cardiologi, che non sono formati per affrontare i problemi delle cure di fine vita.
Da queste riflessioni nasce questo libro, con l’obiettivo di diffondere la cultura delle cure palliative anche nel mondo delle cure cardiovascolari acute. Gli autori coinvolti sono tra gli opinion leader più esperti nei loro campi specifici. Vengono analizzati tutti gli aspetti delle cure palliative applicate alla Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, dalle questioni epidemiologiche, al processo decisionale condiviso, al controllo dei sintomi, che richiedono tutti un’educazione formale sulle cure di fine vita.”

Link:

https://link.springer.com/content/pdf/bfm%3A978-3-030-80112-0%2F1.pdf

https://link.springer.com/book/10.1007/978-3-030-80112-0#editorsandaffiliations