Paola Arcadi, Marco Bobbio, Michela Chiarlo, Violetta Ploteger, Sandro Spinsanti Sandra Vernero, Alfredo Zuppiroli. I gatti della signora Augusta – e altre storie slow di cura sobria e rispettosa. Il Pensiero Scientifico Editore. Roma 2023 . pp 160. € 18.

Recensione di Donatella Lippi

Solo a pagina 66 si comprende il senso del titolo di questo volume, I gatti della signora Augusta, che raccoglie, oltre alla premessa, sei saggi, di cui i primi cinque sono dedicati ad alcune parole-chiave, mentre l’ultimo propone una riflessione di chiusura.

Gli Autori sono prevalentemente medici, cinque, a cui si aggiungono un’infermiera e un esperto di Medical Humanities.

Il titolo prosegue: …e altre storie slow di cura sobria e rispettosa.

L’aggettivo slow è un attributo denso, importante e, non a caso, è una chiocciola il simbolo di questo incedere misurato.

La chiocciola non è una lumaca. Il suo simbolo nasce nel mondo dei mercanti veneziani, come abbreviazione di “anfora”, unità di misura. Trasferito oltreoceano, diventa, nel 1700, la sigla di “at (a price of)”, “al prezzo di”, per poi essere inclusa nella tastiera delle macchine da scrivere e dei pc, da dove è diventata icona di una delle forme di comunicazione più rapide del mondo moderno, l’email.

Una necessaria premessa, per inquadrare quello che è un vero e proprio manifesto di una Medicina nuova. Anzi, antica.

Sobrietà- Marco Bobbio nobilita, nel suo testo, il termine “rinuncia”, nella pienezza del suo significato, richiamando una morigeratezza che rinsalda l’umiltà di una Medicina che rifugge dal sovra-diagnosticare, sovra.-prescrivere, sovra-rilevare…

Rispetto- Come scrive Michela Chiarlo, è il superamento della de-umanizzazione dei pazienti, spesso considerati “casi”, ricondotti alle linee guida ed ai protocolli di una Medicina basata esclusivamente sulle evidenze scientifiche, che spesso dimentica le aspettative di un paziente, adeguatamente informato da un medico, che valorizza il tempo come tempo di cura.

Tempo di cura- Il terzo saggio, scritto da Paola Arcadì, non a caso Infermiera, si collega in maniera naturale al precedente, attraverso anche la storia di Augusta, che sceglie consapevolmente di evitare il periodico ricorso alle trasfusioni, per condurre una routine di vita autonoma, che la fa star bene. Ma c’è anche il concetto di tempo: nel suo sviluppo lineare e misurabile e come momento opportuno, che richiama l’occasio praeceps dell’aforisma ippocratico.

Accompagnamento- Il saggio di Sandro Spinsanti (è lui l’esperto di Medical Humanities, citato all’inizio, anche se fa sorridere, per chi, come me, è stata sua allieva, ingabbiare il Maestro in questa definizione) gioca sul termine accompagnamento come sinonimo di cura. In effetti, “accompagnare” indica il rapporto orizzontale tra chi è compagno. E’ un verbo, che indica una storia vissuta insieme, in una relazione paritaria: il compagno è la figura vitale di chi adatta il proprio passo, per condividere un cammino o un passo di danza. Questa è la metafora usata dall’Autore, per richiamare l’importanza di un tempo slow, che diventa irrinunciabile quando la patologia conduce alla conclusione della vita.

Incontro- La casistica d’uso di questo termine è sconfinata, ma l’elemento comune è l’avvicinamento nell’istante, che può tradursi anche nell’esperienza dell’hallomynameis, come ricorda Violetta Plotegher. La giovane dottoressa inglese Kate Granger, medico, malata terminale di cancro, dopo due anni di trattamenti, durante i quali era appellata come “il letto 7”, ha lanciato su twitter la campagna #hellomynameis, con cui ha ribadito che non si tratta di conoscere solo il nome di qualcuno, ma di creare un rapporto umano, per fondare una relazione basata sulla fiducia, per evitare che l’ospedale sia “una fabbrica di pazienti”.

I cinque contributi centrali sono abbracciati dalla premessa di Alfredo Zuppiroli e dalle riflessioni conclusive di Sandra Vernero, che forniscono, rispettivamente, i riferimenti al contesto e le possibili strategie offerte da Slow Medicine, una medicina sobria, rispettosa, giusta, che deve rispondere a una nuova patocenosi, in cui le malattie croniche e degenerative hanno sostituito, in una vera e propria transizione epidemiologica, le malattie acute, e in cui è cambiato il mondo dei pazienti.

Sono tante le storie contenute in questo volume, storie piene di vita: storie di individui, medici e destinatari delle loro cure, la cui esperienza diventa paradigma di comportamento professionale.

Difficile non immedesimarsi in queste vicende, difficile non mettersi nei panni della signora Augusta, Andreina o Moussà.

In queste pagine, in cui l’esperienza personale si unisce alla teoria, sostenuta da ricchi riferimenti bibliografici, c’è la spinta verso una Medicina nuova. Anzi, antica.