Intervista a Victor Montori

di M. Bobbio

Una cura per un paziente come questo o per questo paziente?

Nell’introduzione di Perché ci ribelliamo (Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2018) scrivi: “E’ ora che una rivoluzione dei pazienti porti a una cura attenta e premurosa per tutti” che, in altre parole,  sintetizza il manifesto di Slow Medicine per una medicina sobria, rispettosa e giusta. In tutto il mondo un crescente numero di professionisti della salute, cittadini e pazienti critica le conseguenze di una  medicina governata dall’industria. Come pensi che si possa cambiare il paradigma corrente? Quali dovrebbero essere i primi passi per allargare e sostenere un differente approccio alla medicina?

Slow Medicine e Patient Revolution hanno molti aspetti in comune, anche se utilizzano parole leggermente differenti. Patient Revolution non solo cerca di rifiutare il sistema industrializzato dell’assistenza sanitaria, ma prospetta anche un’alternativa concreta che promuova una cura premurosa e disponibile per tutti. Sarebbe stupido chiedersi in modo preciso quello che il sistema futuro e le sue istituzioni dovranno diventare, ma è essenziale muoversi da una vaga utopia a un insieme concreto di principi. Per noi il primo passaggio è quello di usare parole che rispecchiano quei principi invece delle parole utilizzate dalla medicina industrializzata: dobbiamo promuovere amore, solidarietà, eleganza, integrità, una medicina scrupolosa e disponibile per rimuovere confusione, oppressione, efficienza e crudeltà. Usando un nuovo linguaggio crediamo che potremo promuovere un nuovo modo di pensare e di agire per muoversi verso nuovi metodi di organizzare l’assistenza e di praticare la medicina.

 

Non pensi che l’aggettivo ‘slow’ che usiamo per definire il nostro movimento dovrebbe essere superfluo, dal momento che la medicina senza aggettivi, almeno quello in cui crediamo, dovrebbe essere sobria, rispettosa e giusta?

L’uso degli aggettivi è irresistibile: medicina accademica, evidence-based medicine o slow medicine. E’ utile sottolineate che gli aggettivi sono utilizzati per modificare il significato del nome che in questo caso è medicina. Se si sente il bisogno di aggiungere un aggettivo è perché si intende sottolineare un aspetto della medicina di come dovrebbe essere (talvolta gli aggettivi sono un può come degli ossimori – viene in mente l’espressione ‘medicina alternativa’), ma anche perché servono per ricordare o per enfatizzare un concetto. Il termine ‘slow’ in questo caso significa il più lontano possibile dal ‘fast’ e accomuna la medicina ad altri movimenti ‘slow’. Sapremo che la slow medicine ha avuto successo quando l’aggettivo sarà ridondante.

 

Per rendere l’attività clinica più efficiente la medicina industrializzata tende a ridurre il tempo per eseguire le visite. E’ certamente più rapido prescrivere un test che spiegarne l’inutilità e, se si riduce il tempo delle visite, si incentiva la sovraprescrizione e paradossalmente si aumenta lo spreco di tempo da parte di molte altre persone (il paziente che deve prenotare, eseguire, ritirare il test, la centralinista che lo deve prenotare, l’infermiera che lo deve eseguire, il medico che lo deve refertare e infine il medico curante che deve fare una seconda visita per valutare il risultato e per decidere). Risparmiare un po’ di tempo durante una visita comporta uno spreco di tempo per tutto il sistema. Sei a conoscenza di qualche ricerca nella quale sia stato calcolato lo spreco di tempo provocato da test inutili?

No, non sono a conoscenza  di valutazioni sulle conseguenze della prescrizione di test o di trattamenti non necessari. In particolare non sono a conoscenza dell’impegno, in termini di costi e di soldi, che grava su pazienti e parenti in seguito all’aggiunta di test e consulenze. In generale, non  sappiamo gli effetti che le nostre decisione hanno sui pazienti e su chi li segue. Per quanto ne so, non ci sono manuali di medicina o corsi di laurea nei quali venga affrontato e discusso il lavoro richiesto ai pazienti e il peso dei trattamenti. La medicina industrializzata trasforma il paziente, che si presenta per essere assistito, in un nemico, in una fastidiosa incombenza che deve essere rimossa. Questo ‘problema’ è risolto facendo in modo che il pazienti lasci l’ambulatorio con una soluzione o con una serie di compitini che dovrà riportare alla visita successiva. Questo permette l’accesso di nuovi pazienti, frustra i pazienti e i medici ed è chiaramente il risultato di un processo per rendere sempre più veloce le prestazioni. Si tratta però di una falsa efficienza. Dobbiamo essere sicuri che la cura non sia solo efficiente (efficace e senza sprechi), ma anche elegante (efficiente e senza fretta). Questo è un modo nel quale, usando un nuovo linguaggio, possiamo aiutare a distinguere l’assistenza industrializzata da una premurosa e disponibile.

 

Nel capitolo Premura  scrivi: “non ci sono motivi perché un paziente riceva differenti trattamenti per la stessa malattia; ma capita”. D’altra parte ti batti per una medicina empatica dove medici e pazienti pensano, discutono e decidono insieme la migliore opzione. Come si può combinare la necessità di decisioni uniformi con la necessità di adottare il trattamento alle esigenze del paziente?

La standardizzazione richiede che i medici rispondano in modo simile a pazienti simili, ma non tiene conto delle importanti differenze di situazioni che distinguono un paziente da un altro. La frase che citi sottolinea un aspetto differente: una volta che la terapia è individualizzata (cioè, è stata  scelta la cura migliore per quel paziente) la terapia diventa la più appropriata per quel paziente particolare  – la cura che meglio riflette le sue necessità e le sue aspettative e meglio risponde  alla sua specifica situazione – e dovrebbe essere la stessa indipendentemente di quale medico la consiglia. Pertanto non  sostengo che si debba applicare  una cura standardizzata per i pazienti come questo, ma la cura giusta per questo paziente.

 

Come tu sostieni i medici considerano il loro lavoro nel fare la giusta diagnosi, prescrivere la miglior terapia evidence-based  ed eseguire interventi impeccabili. Non si preoccupano però degli altri aspetti correlati alla vita del paziente, nell’intersezione tra la malattia e questioni personali, familiari e di vita sociale. I medici si accorgono di questi problemi solo quando vengono colpiti da una grave malattia e finalmente scoprono che i loro ex-colleghi non hanno umanità. Come di può fare in modo che i medici vedano i loro pazienti in ‘alta definizione’, come scrivi efficacemente nel libro, prima che diventino essi stessi malati?

Questo è molto difficile da ottenere con la medicina industrializzata. Uno dei miei colleghi utilizza un giochetto mentale, soprattutto verso la fine delle giornata, quando è più di fretta e stanco. Prima di entrare nella stanza del paziente tira un lungo respiro e si promette di voler imparare qualcosa da lui. Questa disponibilità alla curiosità lo sprona a fare più domande , ad ascoltare per più tempo, a tralasciare il computer e a prestare attenzione agli indizi non verbali.  Tutto ciò sarebbe ancora più facile se potessimo vedere i pazienti a casa o al lavoro, dove i trattamenti si devono integrare alle incombenze quotidiane. Trucchetti come questo possono aiutare a essere presenti e curiosi e generalmente ripagano il clinico con il racconto di una storia commovente, con una relazione che aiuta a dare un significato al lavoro e serve come antidoto all’esaurimento (burnout).

 

Nelle conclusioni del libro sostieni che i politici, gli amministratori e le assicurazioni dovrebbe rendere conto del loro lavoro ai medici e ai pazienti. Questo è un aspetto molto interessante e rivoluzionario. Come ti aspetti che questo tipo di rivoluzione possa avvenire in un sistema regolato dal prodotto interno lordo (PIL)?

Il sistema sanitario riflette i valori dei gruppi dominanti. Organizzazioni democratiche dovrebbero probabilmente pianificare un sistema sanitario (e anche l’economia) in modo che sia meno focalizzato sui risultati finanziari e più sulla riduzione delle sofferenze e sulla promozione della prosperità del genere umano. Le società possono fondare il sistema sanitario sulla solidarietà invece che sul profitto,  promuovere una cura elegante e non solo efficiente, essere premurose (tecnicamente sarebbe meglio dire sicure) e disponibili (rispettose del tempo prezioso, delle energie e delle necessità del paziente) ed essere basate sulla relazione di amore più che su obiettivi economici. Ci sarà bisogno di una rivoluzione – non solo nella formazione dei medici e nell’organizzazione sanitaria –  per garantire che le nostre società proteggano le comunità nelle quali le persone si prendono cura di altre persone. Una cura premurosa, disponibile e gentile sarà un’espressione dell’umanità di queste società. Dobbiamo impegnarci per raggiungere questo obiettivo.