Silvana Baldini. Un silenzio aurorale. Per una medicina tra scienza e cura. Mimesis 2019. Pag. 45. € 6.00

 

Recensione di Marco Bobbio

Elogio del silenzio. Non solo quello dovuto all’assenza di rumore, ma quello dei pensieri, della competenza, della contemplazione. Il silenzio che permette di ascoltare tutto ciò che è sovrastato dal rumore di fondo che avvolge le nostre vite e i nostri pensieri. “Il silenzio è sparito dall’orizzonte – sostiene Silvana Baldini in questo breve, ma intenso saggio, che appare in una stimolante collana curata da Duccio Demetrio – e non solo non lo si frequenta più, ma si direbbe che sia percepito come un pericolo… perché il silenzio è noioso, stagnate, mortifero, mentre il rumore è vita, energia, creatività”. Il silenzio che permette di ascoltare i pazienti, le loro storie, le loro vite, le loro aspettative, i loro desideri.

Vi siete mai accorti che le migliaia di cartelle cliniche che vengono compilate ogni giorno sono tutte anonime, standardizzate, centrate sulla malattia (gli elenchi dei fattori che potrebbero averla facilitata, di patologie che ne possono complicare il quadro, dei sintomi con cui si è presentata) e non descrivono nulla della persona che si è ammalata? Nulla del lavoro (a meno che il paziente abbia la silicosi e allora si annota che lavora in fonderia), nulla della famiglia (a meno che il padre abbia avuto un infarto da giovane), nulla sul tipo di attività fisica (a meno che abbia avuto un trauma), nulla sulle preferenze alimentari (a meno cha abbia allergie o sia anoressico), nulla su come ha affrontato la malattia (a meno che abbia avuto crisi di panico o abbia attuato gesti anticonservativi).

La vita delle persone ha senso solo in funzione di quella malattia; le cartelle si assomigliano e diventano un documento asettico, noioso, orientato a mettere a fuoco quel problema, esulando dalla vita di chi porta quel peso. Il resto non interessa, non viene chiesto e non si saprebbe neanche dove poterlo annotare nel caso in cui emergesse qualcosa di interessante.

Per saper ascoltare, il medico “deve creare al suo interno quel famoso spazio silenzioso ’centrico’, libero da pensieri, linee guida, sferragliare del proprio io, attraverso il quale è possibile cogliere in un’unica occhiata, prima di subito, l’unicità della persona che si ha davanti”.

Silvana Baldini, neurologa che si è occupata di pazienti con sclerosi multipla, ha proposto ai colleghi una soluzione: allegare alla cartella ‘clinica’ una cartella ‘narrativa’, un foglio di ascolto, dove annotare in tre macro-aree (la storia personale, gli aspetti personologici, il rapporto con gli operatori) ciò che il paziente racconta e ritiene importante che si sappia; i medici hanno iniziato a occuparsi dei pazienti come persone e questi hanno notato con stupore che la visita era finalmente diventata personale e soddisfacente.